L’energia geotermica in Italia: dove viene prodotta e come

L’Italia ha un potenziale di energia geotermica estraibile e sfruttabile che si stima valga tra i 500 milioni e i 10 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente. Vale a dire, tra i 5.800 e i 116mila terawattora di energia, a fronte di un fabbisogno annuo di poco superiore ai 300 terawattora. Insomma, basterebbe estrarre una piccola frazione di quell’energia per soddisfare interamente tutta la domanda interna. Anche perché questi dati si limitano alla fascia superficiale, entro i primi 5 chilometri di profondità. Rinnovabile, pulita e di fatto inesauribile, l’energia sprigionata sotto forma di calore della Terra occupa invece un ruolo ancora relativamente marginale nel paniere italiano dell’energia, fermandosi a qualche punto percentuale appena. Nonostante questo, l’Italia si colloca tra i principali produttori di energia geotermica a livello europeo, oltre che nel contesto mondiale. A fare da volano è la naturale ricchezza di risorse geotermiche, perché in diversi punti della penisola si concentrano molte sorgenti naturali di acqua calda, pronte per essere sfruttate come elementi chiave della transizione energetica nazionale verso le fonti green. La lunga storia (in breve) dell’energia geotermica italiana L’avvento della geotermia in Italia risale all’inizio del Novecento. In realtà, però, nell’area dell’attuale Toscana, fonti storiche hanno rivelato che il calore della terra e le sorgenti naturali sono state sfruttate fin dall’antichità, almeno per tutto il primo millennio avanti Cristo dalle popolazioni etrusche. Proprio in Toscana, e in particolare nella provincia di Pisa, a Larderello, è stato costruito il primo impianto geotermico della storia. Fin dagli esperimenti tecnici pionieristici di oltre un secolo fa l’Italia ha avuto nel mondo un ruolo di primo piano nell’innovazione della geotermia o, più in generale, nella capacità di sfruttare le fonti geotermiche. All’inizio veniva utilizzato il vapore che fuoriesce naturalmente dalla terra come alternativa alle macchine a vapore alimentate a carbone, in seguito ci si è sempre più orientati nella trasformazione del calore in energia elettrica trasportabile. In parallelo a questa trasformazione, anche l’aspetto degli impianti è mutato. In passato il cuore della centrale era il cosiddetto lagone, ossia la sorgente diretta di acqua calda mescolata a vapore con temperature fino a 150°C. Oggi, invece, si realizzano pozzi di iniezione e di estrazione che penetrano nel terreno raggiungendo profondità di oltre 4 km, dove attraverso il fluido geotermico viene captato e sfruttato direttamente il calore che, sotto forma di vapore, alimenta le turbine generando energia elettrica. Negli ultimi anni la quantità di energia geotermica prodotta e la potenza installata sono in continua crescita, ma a ritmi piuttosto blandi. Nel decennio 2007-2017, per esempio, l’aumento complessivo della potenza installata è stato di appena il 10% circa, facendo sì che la geotermia in Italia non sia mai diventata una forma di energia rinnovabile protagonista, nonostante le grandi potenzialità. Dove si trovano le centrali geotermiche in Italia Come detto, la regione che più di tutte rappresenta la geotermia italiana è la Toscana, per ragioni sia storiche sia geologiche. A partire da Larderello, che oggi ospita il più grande impianto geotermico d’Europa, nel corso dei decenni il numero di impianti geotermici regionali è cresciuto fino a raggiungere più di una trentina. La maggior parte dell’energia geotermica toscana proviene dal calore che deriva dall’intrusione di un plutone magmatico sotto il complesso vulcanico del Monte Amiata. Più in generale, le province dove la produzione di energia elettrica deriva maggiormente dallo sfruttamento delle risorse geotermiche sono Pisa, Siena e Grosseto. Le aree con abbondanti risorse geotermiche in Italia sono molte altre. C’è per esempio il Veneto, soprattutto in corrispondenza dei Colli Euganei vicino a Padova, e poi il Friuli-Venezia Giulia, con la zona intorno alla città di Grado dove le perforazioni sono state realizzate per il riscaldamento diretto degli edifici; e ancora, in Campania, soprattutto nei dintorni di Napoli tra i campi Flegrei e l'isola di Ischia, in Sicilia ad Alcamo, Sciacca e sulle isole Eolie e di Pantelleria, e infine e in Emilia Romagna, in particolare a Casaglia in provincia di Ferrara, dove esiste un complesso sistema di falde noto come dorsale ferrarese. In ogni caso, tutto ciò che è esterno rispetto alla Toscana ha una rilevanza quasi nulla come impatto in termini assoluti sul bilancio energetico italiano benché, almeno sulle mappe, la Sicilia e parte della Campania (incluse alcune aree marine) abbiano potenzialità confrontabili con quelle toscane e ci siano altre opportunità tra Basilicata, Veneto e Sardegna (con sistemi geotermici migliorati, EGS), ma anche tra Emilia Romagna, Puglia e Abruzzo per sistemi geopressurizzati. Quanta energia dal geotermico viene prodotta in Italia Più o meno possiamo parlare di circa 6 terawattora di energia ricavata ogni anno in Italia, e di una potenza installata dell’ordine degli 1,1 gigawatt (ossia 1.100 megawatt). Di questi ultimi, poco più di 900 megawatt corrispondono alla potenza delle centrali che convertono il calore in energia elettrica – i cosiddetti impianti geotermoelettrici – mentre poco meno di 200 megawatt derivano dall’uso diretto per il riscaldamento urbano, il termalismo, gli usi terapeutici e le coltivazioni nelle serre. Il dato della ripartizione di un settimo circa in uso termico e di sei settimi in uso elettrico è ormai consolidato nella storia nazionale, come ha ricostruito l’Unione geotermica italiana. Per la precisione, in termini di energia totale, le stime per il 2018 oscillano tra i 5,71 e i 5,76 terawattora, mentre per il 2019 la forchetta è molto più stretta e sta tra i 5,687 e i 5,689, almeno secondo le analisi nazionali. Studi a livello europeo, sempre per il 2019, riportano un valore del 7% più elevato, di 6,086 terawattora. Dato che si parla di un numero di centrali relativamente piccolo, le fluttuazioni da un anno all’altro possono essere dovute anche a variazioni nell’energia disponibile nel sottosuolo o a specifici interventi. Per esempio, la piccola riduzione del 2019 rispetto all’anno precedente è imputabile allo spegnimento della grande centrale di Larderello nel mese di dicembre, per manutenzione. Rispetto al fabbisogno energetico nazionale, comunque, il geotermico è quantificato poco sotto il 2%, ossia il 5% circa della sola componente rinnovabile (dati riferiti al 2019). I dati statistici nel panorama europeo e mondiale I tre grandi attori del comparto geotermico a livello europeo (in senso allargato) sono Italia, Islanda e Turchia. Con un totale di 1.086 megawatt di potenza installata secondo l’EGEC geothermal market report 2020, l’Italia spicca rispetto a tutti gli altri Paesi del centro e del nord Europa. Basta pensare che la Francia non arriva nemmeno a 700 megawatt, la Germania sfiora i 400, la Spagna è sostanzialmente a zero (3 megawatt, per la precisione) e il Portogallo è a 33. Nonostante l’Islanda, molto favorita dal punto di vista naturale, abbia una capacità installata enorme di oltre 2.900 megawatt, in termini di energia effettivamente prodotta il confronto con l’Italia è molto serrato: anche l’Islanda viaggia infatti su una media di 6 terawattora all’anno. Ancora irraggiungibile è invece la Turchia, sia come potenza installata (2.500 megawatt) sia come energia prodotta (7,7 terawattora), ma occorre tener conto della maggiore estensione territoriale. La Francia, che è il paese più avanti in classifica tra quelli dell’Europa centrale, arriva appena a 216 gigawattora annui. Infine, diamo un rapido sguardo fuori dall’Europa. In termini di potenza installata, ma anche di energia generata, l’Italia è certamente nella classifica dei primi dieci paesi al mondo. Irraggiungibili, almeno per il momento, sono Stati Uniti e Filippine, mentre davanti all’Italia per pochi punti percentuali sono Indonesia e Messico. Curiosità sull’energia geotermica Tra gli elementi di eccellenza italiani c’è il rispetto molto superiore alla media degli obiettivi di sviluppo prefissati per il geotermoelettrico. Già a fine 2019 l’Italia ha superato abbondantemente l’80% del piano da concludersi entro fine 2020, mentre al di là del Portogallo (appena sotto il 40%) tutti gli altri Paesi europei non hanno raggiunto nemmeno il 20% dell’obiettivo. Non altrettanto virtuosa è invece la parte di utilizzo diretto del calore proveniente dal sottosuolo, che come già anticipato resta minoritaria in Italia. La percentuale di sviluppo a fine 2019 è arrivata al 43% dell’obiettivo 2020, e in termini assoluti di energia raccolta sono più avanti la Germania, la Francia e l’Ungheria. Tra le caratteristiche che rendono il geotermico una fonte rinnovabile particolarmente vantaggiosa a livello di sistema paese c’è l’occupazione indotta. I cosiddetti green job generati dal comparto, infatti, sono molto di più a parità di potenza generata. Secondo uno studio italiano condotto dal Gestore dei servizi energetici (GSE), ciascun megawatt di potenza geotermica installato e mantenuto crea 34 posti di lavoro, contro i 19 dell’eolico e i 12 del fotovoltaico. Se con circa 900 megawatt installati si hanno 2mila persone impiegate stabilmente (a cui vanno aggiunti gli impieghi temporanei), nel caso fosse raggiunto l’obiettivo di raddoppiare la potenza installata si arriverebbe a 4mila impieghi stabili, e a un totale di 30mila posti di lavoro distribuiti sui vari anni. Tendenze, innovazioni e osservazioni Una delle prospettive più allettanti del geotermico, condivisa peraltro con molte altre fonti rinnovabili, è la crescita del rendimento. Se fino a pochi decenni fa ci si fermava appena a qualche punto percentuale, oggi gli impianti geotermici arrivano oltre il 20% (le pompe di calore anche al 50%) e sono in grado di ricavare quantità di energia fino a 4 volte maggiori di quella che occorre per mantenerli in funzione. Tra gli avanzamenti tecnologici di grande interesse, oggi c’è la possibilità di evitare che si sprigionino i gas tossici o climalteranti che possono fuoriuscire dal sottosuolo. Evitando, in sostanza, che siano immessi in atmosfera. In proposito, i dati dell’Unione geotermica italiana mostrano che le emissioni di anidride carbonica evitate grazie alla geotermia sono passate da 3,7 milioni di tonnellate nel 2010 a 4,0 nel 2015. Questo passo in avanti non può essere spiegato solo con l’aumento della capacità installata, ma anche con il miglioramento tecnico degli impianti stessi. Inoltre, è possibile realizzare la geotermia inversa, o geotermia a bassa entalpia, in cui si opera anche con temperature inferiori ai 100°C e si sfrutta il sottosuolo come serbatoio per il calore in eccesso che si ottiene durante la stagione estiva, recuperandolo poi nei mesi freddi sotto forma di energia elettrica. Guardando al futuro, si ritiene che per tutti gli anni Venti di questo secolo la produzione di energia geotermica in Italia si limiterà allo sfruttamento di risorse con temperature di almeno 90°C, mentre dagli anni Trenta è possibile che le tecnologie di nuova generazione consentano di beneficiare anche delle fonti a temperature inferiori, con la cosiddetta geotermia non convenzionale. Le previsioni parlano della possibilità di raggiungere entro il 2030 una potenza installata tra i 1.070 e i 1.140 megawatt per la sola parte geotermoelettrica, una quota destinata a impennarsi nel ventennio successivo e arrivare – entro metà secolo – tra i 2.000 e i 2.500 megawatt installati. In parallelo, l’energia generata potrebbe essere prossima ai 7 terawattora annui (tra 6,7 e 7,3, per la precisione) per il 2030, e arrivare tra i 13 e i 16 terawattora nel 2050. Il che vorrebbe dire, nel prossimo trentennio, arrivare a raddoppiare o a triplicare l’esistente, portando il geotermico a raggiungere una quota del 3%-5% del fabbisogno energetico italiano. I prossimi decenni potrebbero essere quelli in cui la geotermia davvero uscirà dalla Toscana, con le previsioni più rosee che potrebbero portare il complesso delle altre regioni a valere il 5-6% della produzione nazionale prima del 2030, e il 30-40% entro il 2050.

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L’energia geotermica in Italia: dove viene prodotta e come

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