A Teruel è finita un’epoca, è cominciato un futuro diverso

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A Teruel è finita un’epoca, è cominciato un futuro diverso

L’esplosione controllata delle tre torri di raffreddamento dell’ex centrale termica di Andorra, in Spagna, è stata il momento clou di un’operazione che insieme segna l’uscita dal carbone e annuncia la nascita di un nuovo polo energetico rinnovabile sul territorio. Ecco come sta procedendo nel dettaglio lo smantellamento dell’impianto, come funziona la transizione energetica equa e quali sono le prospettive del sito.

José Antonio Cappellano Salomone aveva 15 anni, quando la sua famiglia, nel 1978, si è trasferita ad Andorra, un piccolo centro dell’Aragona, nel nord-ovest della Spagna. Il padre era arrivato per partecipare alla costruzione della nuova centrale a carbone iniziata nel 1974, poi però è rimasto per lavorare nell’impianto, diventato operativo nel 1979. Ad alimentare l’impianto, la lignite nera proveniente dal bacino minerario di Teruel, insieme al carbone d’importazione. José Antonio conserva una foto dell’epoca in cui si vede il padre vicino alla prima colonna della centrale, mentre i lavori erano in corso, quella che poi sarebbe stata ribattezzata Centrale Termoelettrica di Teruel.

Più di 40 anni dopo, ora che è diventato il Supervisore delle demolizioni della centrale spagnola, José Antonio vuole farsi scattare una foto mentre abbatte l'ultima colonna dell’impianto. Un modo per raccontare non soltanto una storia che si chiude, ma anche un’altra che se ne apre. Perché, finita l’era del carbone, per Andorra, che ha funzionato regolarmente per 40 anni - un impianto da 1,1 GW che ha fornito da solo, nel corso della sua esistenza, 224.000 GWh, vale a dire l'equivalente del consumo di energia elettrica dell'intera penisola iberica per un anno - comincia quella delle energie rinnovabili.

L’area diventerà infatti nel prossimo futuro un hub “ibrido”, con impianti solari, eolici, sistemi di batterie e una fabbrica di idrogeno verde, dove verrà sviluppato l’agrivoltaico - con la coltivazione di varie specie vegetali sulle stesse superfici dove si produce energia - e il turismo, creando nuovi posti di lavoro e opportunità di sviluppo. Perché la sostenibilità non riguarda solo l’ambiente, ma anche la tenuta sociale ed economica del territorio.

 

Un’esplosione al rallentatore

Il 13 maggio scorso, di buon mattino, le tre torri di raffreddamento della centrale, ognuna alta 107 metri e pesante 13.000 tonnellate, si sono dissolte come d’incanto, grazie a un’esplosione controllata, nel corso di un’operazione pensata al millimetro già mesi prima. La detonazione è stata eseguita in sequenza nelle tre torri - in un secondo e mezzo tutti gli esplosivi sono stati fatti brillare - per ridurre al minimo le vibrazioni del terreno e il lancio di materiale in aria. L’utilizzo di decine di piccole piscine d’acqua installate attorno alle torri, fatte esplodere in contemporanea con le cariche che hanno abbattuto le torri, ha permesso che un vero e proprio schermo idrico assorbisse parte della polvere. E, per attutire gli effetti del crollo, sono state utilizzate anche strutture metalliche avvolte da tessuti high-tech e centinaia di balle di paglia.

Le torri, con la loro caratteristica struttura iperboloide, sono state l’emblema dell’Aragona, si vedevano da lontano, insieme al camino, alto 343 metri (che sarà demolito entro la fine dell’anno prossimo). E hanno rappresentato, alla fine degli anni Settanta, la crescita e il rilancio della zona, la trasformazione di un'area povera e depressa in una delle più ricche della regione, con uno dei redditi pro capite più alti della comunità autonoma.

 

Demolizione selettiva e sostenibile

L’esplosione del 13 maggio - con le gigantesche torri che crollano al rallentatore, mentre i lavoratori, le autorità e i tantissimi semplici spettatori giunti per l’evento applaudono - è stata l’attimo finale di mesi di preparazione. Perché quello di Andorra è un esempio di smantellamento o decommissioning sostenibile: lo smantellamento di una centrale termica, riducendo al massimo sia l’impatto ambientale che l’uso di risorse, garantendo la sicurezza delle tante persone impegnate nel cantiere e il recupero dei materiali, fino al 90%. Ma le esplosioni non sono finite. Entro la fine del 2023, per esempio, è previsto lo smantellamento definitivo della caldaia, e si tratta anche in questo caso di un’operazione pionieristica, dato che la struttura metallica verrà fatta esplodere.

Nel frattempo, sempre in Spagna, è in corso lo smantellamento di altre due centrali termiche: Compostilla (León) e Carboneras (Almería).

I lavori preliminari, ad Andorra, sono iniziati a marzo 2021, dopo che nel 2019 il governo spagnolo ha dato ufficialmente via libera alla chiusura della centrale. Sono state rimosse oltre 6.100 tonnellate di materiali contenenti amianto - collocati principalmente nella zona di scambio termico delle torri - trattati ovviamente come rifiuti pericolosi, nel pieno rispetto della normativa. Per evitare impatti negativi sull'ambiente, le emissioni e gli scarichi vengono monitorati costantemente.

È stato, ed è ancora, un lavoro di attenzione anche ai dettagli. Per esempio, le luci al mercurio, costantemente accese in cima alle torri per evitare che elicotteri e aerei possano scontrarsi con esse, sono state sostituite da lampadine a LED che, una volta esplose, non contaminano il suolo.

Ad Andorra viene utilizzato un sistema di demolizione selettiva per analizzare e separare le 260.000 tonnellate che compongono il volume totale di tutte le strutture da smantellare nella centrale - divisa in ben sette diverse zone - e che ora verranno il più possibile reimpiegate per altre attività, secondo i principi dell’economia circolare.

Il cemento che costituiva le tre torri non finirà in discarica, ma verrà utilizzato per rimodellare il terreno dopo le demolizioni e per riempire le gallerie sotterranee. Invece, materiali in gesso, miscele bituminose, terra e rocce non contaminate, rivestimenti refrattari, fanghi contenenti sostanze pericolose, residui di calcio, ceneri e legno contenenti sostanze pericolose saranno inviati in un centro di raccolta autorizzato.

 

Verso una nuova vita

"Lo smantellamento delle centrali termoelettriche non va visto come la fase finale di qualcosa, ma, al contrario, come il primo passo di una nuova fase", dice Beatrice Muniz, responsabile dei progetti di generazione termica del Gruppo Enel in Spagna. “Siamo più di 200 persone che lavorano ad Andorra nello smantellamento, abbiamo formato, si può dire, una famiglia che sarà unita per 5 anni. E quella famiglia è fatta di manodopera locale, e anche dei vicini che iniziano a vedere lo smantellamento come un'opportunità in sé oggi e anche per il futuro, grazie agli impianti rinnovabili”.

Perché accanto al lavoro di smantellamento della centrale, che deve essere sostenibile, c’è poi da assicurare la sostenibilità del territorio, e dunque garantire il futuro delle persone che lavoravano qui, e di quelle che ci vivono. Una volta chiusa la centrale, il personale sotto i 56 anni di età - una cinquantina di colleghi - è stato collocato in altri impianti dell’azienda. Per esempio, Paulino Guía, che è stato per 16 anni supervisore dell'area caldaie e turbine, dopo un corso di reskilling è diventato supervisore dei parchi eolici di Borja e Ólvega (In totale, sono state erogate circa 8.000 ore di formazione, destinate ai lavoratori delle varie centrali in dismissione da ricollocare). Soltanto un collega è rimasto sul “nuovo” sito di Andorra, con la qualifica di Construction Manager. Quasi un centinaio di persone, che avevano più di 56 anni, hanno accettato un accordo di uscita volontaria. Un percorso che, a secondo dell’età, ha anche portato diverse persone al prepensionamento.

E ora? Fino al 2025, dicevamo, sono circa 200 le persone - soprattutto residenti - impiegate nei lavori di smantellamento. Poi, però, saranno migliaia quelle che si occuperanno della costruzione dei nuovi impianti rinnovabili. Un piano di investimenti per un futuro sostenibile del territorio che consenta anche una transizione energetica giusta, di cui beneficia anche la comunità locale.

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