Dopo più di 100 anni e circa cinque generazioni, ad Arquata del Tronto ancora si racconta di quando per la prima volta si accese una lampadina nelle case: era il 1906 e il merito era della piccola centrale idroelettrica appena ricostruita nella frazione di Capodacqua.
Pionieri dell’elettricità in Italia
Gli impianti idroelettrici di piccola taglia, che oggi vanno sotto il nome di “mini-hydro”, hanno fatto la storia d’Italia. Il più antico di Enel in esercizio, quello di Ania, in Toscana, risale al 1901. Era un’altra Italia, in gran parte non ancora industrializzata, in cui gli impianti idroelettrici pionieristici servivano a rifornire le piccole comunità locali e attività economiche relativamente modeste, come le filande.
La conformazione del territorio, molto montagnoso e con numerosi corsi d’acqua, ha ispirato l’idea di affidarsi all’energia idroelettrica.
Le centrali erano costruite spesso per opera di piccoli imprenditori, e diventavano subito un’istituzione: in paese, il capocentrale era una delle autorità insieme al sindaco.
Ritorno alle origini
Oggi queste centrali sono un patrimonio prezioso. Moltissime sono state riattivate dopo periodi di inattività o dopo i danni subiti nelle guerre mondiali: un ritorno alle origini dell’elettricità italiana. Dal 1962, con la nascita di Enel, sono entrate a far parte del nostro patrimonio. Oggi gestiamo 231 impianti mini-hydro (cioè di capacità inferiore ai 3 MW) in 16 regioni italiane, con una forte presenza specialmente in Toscana, Marche e Piemonte, per un totale di circa 250 MW di capacità e una produzione di circa 700 GWh all’anno.
Del totale fanno parte anche diversi impianti di nuova realizzazione: per esempio quello della Coclea di Strettara, in Emilia-Romagna, è stato costruito nel 2022 nelle immediate vicinanze di un’altra centrale idroelettrica preesistente, sfruttandone un salto residuo. Sono tutti impianti del tipo ad acqua fluente, e immettono l’elettricità generata nella rete di distribuzione.
Legami con il territorio stretti e indissolubili
In questa ampia quanto rapida panoramica di storia italiana, la costante è il legame con il territorio. Gli impianti mini-hydro sono inseriti nel contesto di piccole comunità che li hanno adottati con affetto: per le località che le ospitano, le centrali sono edifici simbolo.
Come spiega Giuseppe Cutano, Responsabile Mini-Hydro Italia, EGP&TGX HGT, “la centrale è il nucleo attorno a cui si formava la struttura urbana moderna. Del resto, anche nei giochi di ruolo, quando si costruisce una città, si parte sempre dall’impianto energetico”.
Nel caso dei piccoli impianti, anche le persone di una grande azienda come Enel vengono percepite e accolte come parte della comunità stessa. Così fra Accumuli e Arquata, fra Lazio e Marche, i nostri colleghi sono stati invitati a partecipare alla processione religiosa del paese, che è terminata proprio vicino alla centrale, a testimoniare l’unione fra le comunità e gli elementi che le compongono.
Sviluppo, turismo, valore condiviso
Da parte nostra, sosteniamo gli impianti e le comunità circostanti: interveniamo non solo con le ricostruzioni e le riattivazioni, ma anche con azioni improntate alla creazione di valore condiviso (Creating Shared Value – CSV).
Per esempio, in una delle centrali più recenti, quella di Mignano, in Veneto, abbiamo contribuito al completamento della pista ciclabile: “Un bene che può sembrare piccolo visto dall’esterno - commenta Cutano - ma che per la popolazione è di grande importanza, soprattutto in un territorio ad alta vocazione ciclistica come quello della Riviera del Brenta”.
È solo un esempio: altrove sono stati attivati sentieri escursionistici, in modo da favorire il turismo sostenibile, mentre a volte è la centrale stessa che può diventare un’attrazione. È il caso di quella di Perrero, in Piemonte, realizzata negli anni Trenta, che ricorda la casa di Heidi nel famoso cartone animato: riattivata nel 2017, oggi è intitolata al suo creatore, Michele Tessore, ed è il simbolo di una località dove convivono in armonia due comunità religiose, quella cattolica e quella valdese, e dove c’è un piccolo museo di archeologia industriale a cielo aperto realizzato con i macchinari della centrale.
A questi benefici si aggiungono quelli più strettamente economici, sempre per il territorio: per esempio, trattandosi di piccoli impianti, spesso in zona troviamo imprese qualificate che possono occuparsi dei lavori.
Infine, il mini-hydro è uno strumento a favore della sostenibilità ambientale oltre che di quella sociale: in primo luogo è una fonte pulita che contribuisce a ridurre il ricorso ai combustibili fossili e quindi a mitigare i cambiamenti climatici; inoltre, gli impianti di piccola taglia rientrano a pieno titolo nella generazione distribuita, uno degli elementi su cui si fonda la transizione energetica.
Da Archimede ai robot
Le tecnologie usate negli impianti mini-hydro sono di base le stesse di un secolo fa. Anzi, come ricorda Cutano, “la vite idraulica era stata ideata già da Archimede nel terzo secolo avanti Cristo”. Naturalmente, però, le centrali che abbiamo riattivato o costruito ex-novo sono più sostenibili ed efficienti.
La tecnologia apre anche altri orizzonti: per esempio, per il monitoraggio usiamo un robot, chiamato Oculus, che abbiamo sviluppato internamente al Gruppo Enel e che permette di effettuare ispezioni impossibili per gli esseri umani.
La prossima tappa, che fino a poco tempo fa poteva sembrare avveniristica e che invece oggi è dietro l’angolo, si chiama ibridazione: stiamo valutando la possibilità di abbinare alle centrali mini-hydro altri impianti a energie rinnovabili. Una soluzione praticabile è l’installazione di pannelli solari sui canali d’acqua legati alla centrale: si crea così un circolo virtuoso dove una fonte pulita ne chiama un’altra, il tutto a impatto zero. E il ritorno al passato diventa un ritorno al futuro.